Viller Masoni | |
La Biblioteca e l'Archivio di Memorie Patrie | |
Correggio - Cinque secoli di politica culturale |
3.1.1. La breve stagione socialista
I socialisti conquistarono il Comune di Correggio nelle elezioni del novembre 1920. Fu una vittoria a lungo perseguita e infine raggiunta clamorosamente: 3.019 voti contro i 1.105 delle liste avversarie. Ma fu anche un fuoco di paglia, un rapido guizzo rosso prima che calassero le tenebre della lunga notte fascista,
Correggio fu una delle prime città a pagare un prezzo di sangue: la notte di S. Silvestro di quello stesso anno due giovani dirigenti socialisti, Agostino Zaccarelli e Mario Gasparini, vennero assassinati da sicari fascisti giunti dal modenese. Dopo di allora le violenze si susseguirono quotidianamente. Fra i primi a subirle vi furono assessori e consiglieri socialisti, tanto che il 2 aprile 1921 Sindaco e Giunta presentarono le dimissioni al Consiglio Comunale. Quello stesso Sindaco Terisio Vezzani che quattro mesi prima, al momento della nomina, aveva pronunciato un discorso fortemente impegnato e ottimista (a testimonianza della mancanza assoluta del polso della situazione), ricordando che lui e i suoi compagni avevano
"un mandato e un compito non solo amministrativo da assolvere, sebbene importante nel campo sociale, ma anche una missione politica di partito di classe che mira all'abolizione dell'attuale sistema capitalistico per l'attuazione del nostro ideale socialista ". 1
Tre giorni dopo il Consiglio si riunì nuovamente per prendere atto delle dimissioni di tutti i consiglieri. Si udirono voci avvilite e anche preoccupate di uscirne senza ulteriori danni personali: ad esempio l'assessore socialista Giovanardi sottolineò che quelle dimissioni erano dovute alla "sopravvenuta impossibilità dell'amministrazione di funzionare" e non dalle cattive condizioni finanziarie del comune (triste eredità clerico-moderata) giacché un comune ricco come Correggio in breve tempo avrebbe sistemato la propria finanza con l'inasprimento necessario delle tasse ". 2
Era probabilmente proprio quello che i signorotti locali avevano voluto evitare e che aveva procurato, qui come altrove, minacce e violenze agli amministratori socialisti. Il 20 aprile il Prefetto nominò un proprio Commissario per la gestione della città e nelle elezioni del novembre 1922 i fascisti, dopo aver smantellato con relativa facilità il vasto patrimonio sociale, politico ed economico del proletariato correggese, conquistarono 'legalmente' il Comune con una vittoria quasi plebiscitaria. 3
Quella socialista fu quindi a Correggio una parentesi troppo breve per capire quali fossero anche solo le intenzioni in campo culturale.
Sappiamo che proposero la soppressione del Liceo e il rafforzamento della Scuola Tecnica, nella quale invece "i figli del popolo trovano quell'istruzione pratica che loro conviene ". 4
Sappiamo altresì che fra i pochi atti che la nuova maggioranza poté compiere vi fu la nomina del conservatore dell'Archivio di Memorie Patrie (nella persona di Pietro Giovanardi), carica onorifica vacante dal lontano 1913. 5
Prontamente rinnovate, con l'inserimento di propri uomini, furono pure la Direzione teatrale e le Commissioni di soprintendenza sulle Scuole Comunali di Musica e di Disegno. 6 Solo adempimenti formali o precisa volontà di occuparsi fin dall'inizio di questi servizi culturali?
E ancora: quanto avrebbe inciso sugli amministratori socialisti correggesi l'esempio dei loro compagni reggiani che avevano dedicato una grande attenzione alla Biblioteca Popolare, tanto che essa visse fra il 1918 e il 1921 la sua stagione più intensa? 7
Sono interrogativi inutili, destinati a rimanere senza risposta, ma non sempre la curiosità sa rassegnarsi a soccombere di fronte alle porte chiuse della storia.
3.1.2. Un decennio di preparazione. Biblioteca e Archivio di Memorie Patrie vengono unificati e trasferiti nel Palazzo dei Principi
Nella seconda metà del 1921 l'ordine' era stato riportato in città. Ci si poteva di nuovo occupare delle 'solite cose', anche della Biblioteca.
In settembre il bibliotecario Piccinini 8, per risolvere urgenti problemi di spazio, avanzò la proposta di trasportare la Biblioteca Popolare in alcune sale a pianterreno del Palazzo dei Principi, dove "si potrebbero istituire sale di lettura con orario anche serale essendovi colà già l'impianto elettrico ".
In questo modo nei locali di S. Francesco sarebbe rimasta solo la Biblioteca Classica alla quale si sarebbe potuto unire l'Archivio di Memorie Patrie che era collocato, in stato di grave disordine, in altri locali dello stesso edificio.
"Nel contempo faccio presente che l'assegno per l'acquisto dei libri è assolutamente insufficiente e che la Biblioteca è sprovvista di opere sia scientifiche che letterarie moderne e per il regolare funzionamento della Biblioteca occorre elevarlo di molto ". 9
Il Commissario Prefettizio Gabbi volle di persona constatare la reale situazione e alla fine concluse che era effettivamente "indispensabile provvedere onde in avvenire la Biblioteca abbia, più che nel passato, a servire come mezzo efficace e incoraggiante di studio, di cultura e di educazione"; a tal fine ritenne "di vero, alto e generale interesse intellettivo e morale distinguere e ripartire in due sedi proprie ed adatte le opere", accogliendo in sostanza la proposta di Piccinini che venne incaricato "di tale radicale riordinamento ". 10
Il trasloco della Biblioteca Circolante nel Palazzo dei Principi ebbe luogo quasi subito, ma il riordinamento delle ripristinate due Biblioteche venne "rinviato a tempo indeterminato" per ragioni finanziarie. 11
Se ne tornò a parlare alla fine del 1923, quando la Giunta assunse provvisoriamente come bibliotecario il dott. Silvio Bagnoli, con un piccolo compenso, 12 al posto del defunto M.o Patroncini. 13 Il compenso gli venne poi raddoppiato alcuni mesi dopo, poiché oltre all'incarico di bibliotecario gli venne assegnato pure quello di "Archivista delle Memorie Patrie ". 14
Un vero salto di qualità si ebbe però solo nel 1925, quando il commissario Prefettizio Battelli deliberò il restauro del Palazzo dei Principi sulla base di un progetto predisposto dall'ingegnere bolognese Guido Zucchini.
A tale determinazione si giunse perché le condizioni dei Palazzo erano ormai tali da "impensierire seriamente e da sollevare non lievi dubbi sulla sua conservazione ". Inoltre il Palazzo,
"oltre ad essere una delle più apprezzate manifestazioni d'arte architettonica che italiani e stranieri c'invidiano, offre all'interno un'abbondante copia dei locali nei quali troverebbero opportuna collocazione gli uffici del Registro, dell'Agenzia delle Imposte e catasto la Regia Pretura e la Biblioteca Civica ".
La spesa prevista, da fronteggiare mediante la contrazione di un mutuo, era di £. 290.000. 15
Avrò modo di occuparmi anche in seguito di tale restauro, mi preme ora sottolineare l'uso promiscuo cui fu destinato il Palazzo, tanto che uno studioso ha giudicato quell'operazione una "copertura di decenza estetica" con risvolti propagandistici. 16
D'altra parte è pur vero che venne trovata una sistemazione decisamente migliore per la Biblioteca che era orinai sospinta fuori dell'ex Convento di S. Francesco in quanto vi stavano trovando sede altri servizi pubblici: prima le Poste (là trasferite dal Municipio già dal 1923), ora le Scuole Elementari che si affiancavano al preesistente Asilo infantile.
Inoltre, anche se erano quasi inesistenti i nuovi acquisti, il patrimonio librario continuava tuttavia ad incrementarsi grazie a donazioni di privati; proprio nel 1925 ve ne fu una assai importante: la cospicua biblioteca di Don Carlo Cattania. 17
Nell'estate 1925 tutta la Biblioteca fu affrettatamente trasportata e accatastata alla rinfusa nel piano nobile dei Palazzo dei Principi. In settembre il nuovo commissario Negri diede ordine di procedere al riordinamento dei volumi e alla compilazione di un catalogo per autori (a schede mobili). Tali operazioni, condotte da Bagnoli con l'aiuto di un avventizio, sarebbero terminate nell'ottobre 1927. 18
Nell'autunno del 1925 venne anche risolta "l'annosa questione relativa alla pertinenza della pregevole Biblioteca del Regio Liceo-Ginnasio", nel senso che il Commissario diede disposizioni affinché, queste opere fossero trasportate nella Biblioteca comunale. 19 Il che fu fatto tempestivamente da Bagnoli che recuperò circa 4.000 volumi, dei quali un'ottantina "di grande valore ". 20
Di questi risultati il Commissario Negri si vantò nella sua relazione al ricostituito Consiglio Comunale nel gennaio 1926. 21 Egli ricordò il suo impegno a favore del "vostro ricco e veramente magnifico patrimonio culturale, purtroppo lasciato fino ad ora nel più completo e inspiegabile abbandono": il ripristino della scuola serale di disegno, la nomina dell'insegnante titolare della Scuola di Musica, l'ampliamento del lavoro di restauro del Palazzo dei principi 22 il riordino della Biblioteca e dell'Archivio di Memorie Patrie.
Per completare l'opera da lui iniziata invitò ad aggiornare il materiale bibliografico (dal momento che Va circa 30 anni non si sono più comprati libri, all'infuori di romanzi e di opere di discutibile valore") e a prevedere un'apertura quotidiana della Biblioteca.
All'inizio del 1926, dunque, la Biblioteca si trovava in una situazione positiva come non era mai stata prima. Era stata trasferita in una sede assai più adeguata e spaziosa della precedente; erano state riunificate le due sezioni (Circolante e Classica) e ad esse erano stati aggiunti, per la prima volta, gran parte del nucleo rimasto nel 1869 in Convitto e l'Archivio di Memorie Patrie; infine vi era stato preposto un bibliotecario non più onorario ma stipendiato (anche se non di ruolo) che stava lavorando per riordinarla.
Fu un'operazione propagandistica? Certamente si, visto che non ci si pose il problema di una nuova e più ampia utenza e ancora ci si preoccupò esclusivamente di salvaguardare e riportare a nuovo splendore le 'patrie glorie' e le "dimore principesche ".
Rimane però il fatto che la Biblioteca imboccò da quel momento una strada che in qualche modo l'avrebbe fatta uscire, di lì a poco, dal letargo e dal semi-abbandono ai quali l'aveva condannata l'inerzia delle Amministrazioni precedenti.
In questo mi pare vada riconosciuto anche un po' di intuito e di iniziativa personale ai Commissari che promossero, o comunque resero possibile, tali realizzazioni.
Per quel che riguarda la Biblioteca, in particolare, c'è da notare che il suo rilancio non avvenne agganciandosi ad una situazione di generale movimento.
Fra il 1922 e il 1925, infatti, né il governo Mussolini, né l'apparato del Partito fascista avevano ancora una linea politica coerente da applicare nel settore delle biblioteche e della pubblica lettura.
Come in altri settori l'azione del nascente regime si dimostrò dapprima incerta tra distruzione e rinnovamento, per definirsi via via in modo sempre più deciso, nel senso della costruzione di uno stato totalitario, dopo aver superato la profonda crisi conseguente al delitto Matteotti.
Solo nel 1926 prese avvio una linea di politica culturale di ampio respiro che toccò anche il settore della pubblica lettura, soprattutto con la costituzione della Direzione generale delle accademie e biblioteche e la fascistizzazione dell'antica Federazione Italiana delle Biblioteche Popolari di Ettore Fabietti. Questo nuovo impegno avrebbe condotto nel quinquennio 1926-31 a notevoli realizzazioni: parziale riorganizzazione della struttura bibliotecaria statale, incremento del patrimonio librario, clamorosi acquisti in Italia e all'estero di preziosi pezzi, grandi mostre di cimeli manoscritti e a stampa, ecc.
Sarebbero però state operazioni guidate o da fini propagandistici e di conquista del consenso o da fini politici di consolidamento di una preziosa alleanza fra il regime e l'industria editoriale e culturale più disponibile, alla cui crisi un'interessata e 'selezionatrice' committenza pubblica avrebbe portato una vitale boccata d'ossigeno.
Sul piano della diffusione della lettura, della funzionalità del servizio bibliotecario e di documentazione libraria per la ricerca scientifica, invece, non vi sarebbero stati risultati proporzionati alle somme investite, bensì un certo ristagno. 23
E' significativo che a Correggio a partire dal 1926 vennero aumentati gli stanziamenti comunali per la Biblioteca, 24 fu istituita una "speciale Commissione di vigilanza per l'uso della Biblioteca Comunale", 25 si instaurarono buoni rapporti con la nuova Soprintendenza Bibliografica che permisero di ottenere annuali contributi ministeriali - piccoli ma spesso determinanti per l'acquisto di novità librarie. 26
Nel marzo 1928, in seguito alle dimissioni di Bagnoli, il Podestà affidò l'incarico di bibliotecario al geometra Riccardo Finzi, "appassionato bibliofilo, autore di diverse opere, cultore di studi storici, il quale ne ha fatto domanda ". Dietro modesto compenso egli si assunse l'obbligo di prestare servizio quattro ore settimanali per il pubblico e due ore giornaliere per il lavoro interno di riordinamento e conservazione dei volumi e dell'Archivio. 27 E' un episodio che va sottolineato, perché Finzi, eccetto una parentesi negli anni della guerra e pur con incarichi diversi, da allora sarebbe rimasto legato alla Biblioteca per un cinquantennio. Viste le modeste dimensioni della realtà correggese, questo fatto finì col far dipendere in modo rilevante, nel bene e nel male, le vicende della Biblioteca (e non solo di essa) dall'impegno e dalla visione personale di Finzi. Egli, peraltro, fu un personaggio di rilievo nel panorama culturale comunale e provinciale e indubbiamente diede una propria impronta allo sviluppo successivo della Biblioteca di Correggio. 28
La prima cosa che fece fu di rendersi conto di ciò che 'ereditava': una Biblioteca con circa 20.000 volumi quasi tutti "di indole strettamente classica", compresi un centinaio di libri rari ben conservati, il tutto sistemato in scaffali "abbastanza buoni" e in ambienti 'felici ". L'unico catalogo, recentissimo, era quello per autori, ma era incompleto perché c.a 3.000 volumi di carattere ecclesiastico giacevano ancora accatastati alla rinfusa e non schedati. In ogni caso l'esistenza di questo solo catalogo rendeva molto difficoltosa la ricerca dei volumi richiesti dal pubblico. Il compito più necessario era quindi, a suo giudizio, completare l'ordinamento dei fondi, mentre il loro aggiornamento sarebbe potuto venire in seguito. Gravi inconvenienti erano pure la mancanza di una sala per la consultazione e l'assenza assoluta di personale che potesse aiutarlo - su quest'ultimo aspetto Finzi ebbe modo anche in seguito di esprimere numerose lamentele.
L'Archivio di Memorie Patrie risultava essere sommariamente sistemato, mancava però di un qualsiasi catalogo o repertorio. Egli si sarebbe accinto quanto prima a compilare un "repertorio sommario per soggetto degli argomenti contenuti nelle filze', e il loro elenco nominativo. In conclusione,
"allo stato delle cose Correggio si trova ad avere una biblioteca poco servibile ai fini culturali della cittadinanza e un Archivio che soltanto con grandissima difficoltà e perdita di tempo può essere consultato ". 29
Era una disamina piuttosto severa, ma quantomeno confortata dalle ridicole cifre dell'utenza: 75 prestiti nel 1927, 170 nel 1928 e 180 nel 1929, le consultazioni dovevano essere appena un po' superiori. 30
D'altra parte l'analisi di Finzi fu autorevolmente confermata dalla Commissione di vigilanza che nel giugno 1928, in una propria relazione, espose al Podestà "quanto ancora si dovrebbe compiere per mettere la Civica Biblioteca nella condizione di poter veramente funzionare con profitto degli studiosi e decoro della città ".
Dopo aver elencato i lavori di riordino e catalogazione dei fondi librarie archivistici, essa concludeva ritenendo necessaria l'assunzione di ben cinque impiegati: un bibliotecario e conservatore degli archivi, due coadiutori, un commesso e un custode. 31
In realtà alle autorità fasciste quel che importava, fin dai primi anni del regime, era trasformare la multiforme rete di biblioteche popolari e civiche in uno strumento di diffusione propagandistica dei principi e dei 'miti' del nuovo ordine politico e morale.
Il primo obiettivo non poteva quindi essere una qualificazione del servizio culturale e informativo reso dalle biblioteche, bensì, all'opposto, doveva consistere in una radicale opera di censura ed epurazione che consentisse l'eliminazione di tutti quei libri che in qualche modo contrastassero col progetto di omologazione culturale e politica perseguito dal fascismo.
Un deciso invito a procedere in questa direzione venne nel 1928 da un discorso del Ministro Fedele alla Camera e da una relazione della Direzione generale delle accademie e biblioteche.32
Puntuale, nel giugno dello stesso anno, una circolare dei Prefetto di Reggio Emilia 'istruiva' i Podestà dei Comuni della provincia sulla necessità di
l'eliminare fin da ora un grave inconveniente. Spesse volte le Biblioteche popolari - e tali s'intendono quelle Biblioteche non di alta cultura, che sono aperte agli ex alunni delle scuole e in genere agli adulti e che adempiono comunque ad una funzione di cultura popolare - contengono materiali che possono esercitare sui lettori dannose influenze e in ogni modo contraddicono ai fini educativi ed istruttivi delle Biblioteche stesse. Libri siffatti debbono essere inesorabilmente eliminati ".
Andavano quindi
"bandite: a) tutte le pubblicazioni ispirate ai concetti politici del socialismo in ogni sua gradazione [ ... ]; b) tutte le pubblicazioni che divulghino teorie e pratiche immorali, in aperto contrasto con il naturale sviluppo demografico della Nazione; c) tutte le altre pubblicazioni di letteratura amena - in specie romanzi - che in qualsiasi modo riescano offensive alla morale e alla educazione dei giovani ".33
E' quindi probabile che in buona parte l'operazione di scarto che Finzi condusse nell'anno successivo (e che portò all'eliminazione di circa cinquemila volumi) 34 sia stata motivata dalle istruzioni prefettizie.
Ciò è d'altronde confermato dalla lettera che il Podestà inviò al Prefetto qualche anno dopo, nella quale assicurava che l'esame della 'conformità' dei volumi della biblioteca era già stato compiuto fin dal 1929, in occasione di un radicale riordino delle opere che aveva comportato la destinazione al macero di quasi tutti i romanzi. In quanto ai nuovi acquisti - concludeva il Podestà - lo stesso Direttore [della biblioteca] assicura che ogni volume è immune da qualsiasi sospetto ". 35
Sempre nel 1929 un altro avvenimento giunse a condizionare l'assetto della Biblioteca correggese. Nell'ottobre di quell'anno il Podestà dispose lo scioglimento della Pinacoteca e il passaggio delle opere d'arte alla Biblioteca sotto la custodia dei bibliotecario. 36
Questa scelta ebbe gravi conseguenze non solo per il destino della Pinacoteca (della quale mi occupo nel terzo paragrafo), ma anche per quello della Biblioteca di cui vennero così accentuate le caratteristiche conservative, dando vita di fatto ad una Biblioteca-Museo. Senza contare poi che il bibliotecario, già insufficiente per i suoi compiti specifici, risultò caricato di altre incombenze, ad esempio dovette subito occuparsi dell'ordinamento e della ricollocazione del materiale artistico. 37
3.1.3. Dalla Inaugurazione' dei 1930 alla chiusura del 1943
La soppressione del Museo ebbe nell'immediato riflessi positivi per la Biblioteca: la disponibilità di altri due locali (in particolare la grande e bella sala del soffitto a cassettoni) permise di dotare finalmente la Biblioteca (la cui sede era attigua) delle sale di lettura di cui aveva necessità.
Questo ampliamento 38, l'alacrità di Finzi nel continuare il riordino dei fondi librari, la volontà dell'Amministrazione Comunale di portare a compimento un proposito che ormai si trascinava da anni, la crescente fiducia del regime nelle potenzialità propagandistiche di una diffusa rete di biblioteche 39: fu grazie a questa concomitanza di fattori locali e nazionali che nel corso del 1930 andò in porto il progetto di un deciso potenziamento della Biblioteca.
Nelle due nuove stanze vennero sistemate la sala di lettura con 26 posti a sedere e la direzione, adibita anche a sala di studio "riservata" con una decina di posti a sedere. La prima venne 'arredata' con dipinti e stampe della disciolta Pinacoteca (Figg. 30-31).
Furono inoltre presi contatti con la Soprintendenza Bibliografica che procurò un sussidio ministeriale di 3.500 lire, sufficiente ad acquistare c.a 350 volumi "di carattere popolare e di attualità ".
Infine si predispose un ampio orario di apertura: 24 ore settimanali (dal lunedì al sabato dalle ore 19 alle 23), contro le 4 di prima. 40
Per la 'solenne' inaugurazione si scelse il giorno adatto: il 28 ottobre. Vale la pena di riportare integralmente il manifesto predisposto per l'occasione.41
"oggi, 28 Ottobre", ricorrenza della 'Marcia su Roma', Correggio Fascista celebra l'avvenimento con un atto di squisita intellettualità: "l'apertura al pubblico della Civica Biblioteca'. Un voto lungamente atteso, viene esaudito in questo giorno caro al Fascismo, rigido custode di ogni tradizione di arte, di cultura, di poesia. Il sereno ricordo di un fastoso passato, quando Principi e letterati accorrevano alla nostra Correggio e onoravano la dimora dei Suoi Principi, lo spirito elevato oggi alle nuove fortune di una Patria degna dei Suoi Grandi, con l'anima tesa ad un avvenire di civiltà e di progresso, rendono più solenne il significato dell'avvenimento, e lo circondano di una luce di gentilezza, di poesia, di fede. Voi, che mai smentite le tradizioni della nostra Cittadina, accorrete alla Civica Biblioteca, vi accosterete alle pure fonti della intellettualità, che portarono l'Italia nostra al primato nel Mondo, e che il Fascismo onora con religiosa devozione. Cittadini! La nostra Correggio compie un altro passo avanti nella via della civiltà e del progresso. Pei buoni, per coloro che vogliono progredire e farsi migliori, il 28 Ottobre di quest'anno deve essere doppiamente gradito e rinnovare la fede nell'Italia Fascista e nel Suo grande Capo, che guarda a noi tutti con affetto e con fiducia ".
Se questo capolavoro di retorica evidenzia i fini propagandistici dell'operazione, il Regolamento per la Civica Biblioteca del Comune di Correggio, 42 redatto per l'occasione, rivela l'inganno. Per accedere ad essa era necessario dimostrare di avere 16 anni o di frequentare una Scuola Superiore; agli utenti veniva "rigorosamente vietato ": accedere nelle stanze dei libri ed estrarli dagli scaffali, conversare o comunque rompere il più assoluto silenzio, fermarsi in sala di lettura se non per consultare libri della Biblioteca, trattenersi presso la ... stufa, e naturalmente recare il minimo danno alle opere, anche solo piegare una pagina. Chi contravveniva a queste prescrizioni incorreva in ammonizioni o espulsioni ("anche per mezzo della pubblica forza") temporanee o definitive, contro le quali non era possibile muovere appello.
Il solo bibliotecario aveva facoltà di concedere ai giovani "libri non castigati", ma potendo esigere il permesso scritto dei genitori.
Nella sala riservata erano ammessi: le autorità comunali e provinciali, i capi e gli insegnanti delle scuole secondarie, le signore e signorine e "quanti altri ne ottengano il permesso dei bibliotecario ".
Il prestito era concesso, oltre che alle autorità, agli insegnanti ed ai capi d'istituto, ai professionisti, ai capi ufficio municipali, agli studenti universitari e "a tutti coloro che ne ottengano permesso dal Bibliotecario", il quale "potrà, ove lo creda necessario, richiedere una garanzia o un deposito in denaro ".
Si trattava, insomma, di una regolamentazione molto più adatta a respingere che a promuovere l'uso della Biblioteca o, meglio, adatta a selezionare gli utenti (dentro: insegnanti , professionisti, autorità varie, studenti 'buoni' e qualcun'altro; fuori: tutti gli altri).
Aldilà delle peculiarità che si poterono manifestare nello specifico caso correggese, esso esemplifica le ragioni per cui si può definire la politica del fascismo verso le biblioteche un'operazione propagandistica. Mentre si proclamava una volontà di "civiltà e progresso", di diffusione del sapere, in realtà si utilizzavano strumenti e metodi che limitavano alquanto il conseguimento di tali obiettivi.
Il fatto è che per il regime il problema della pubblica lettura non si poneva come esigenza di creazione e di sviluppo di un efficiente servizio pubblico teso all'elevamento culturale dei cittadini - e tantomeno delle classi subalterne. Non è un caso che il Ministro Bottai ebbe più volte occasione di attaccare duramente la tematica democratica della public library di modello anglosassone.
Nell'ottica dei regime tale questione consisteva invece nel gestire un grosso apparato amministrativo pubblico e semi-pubblico che andava utilizzato come il mezzo più idoneo a svolgere funzioni di propaganda politica mediante il libro e la lettura, e a controllare attraverso il ricatto di mercato l'industria editoriale, da una parte, e il sistema di distribuzione delle opere a stampa (periodiche e no), dall'altra.
Ma anche rispetto ai fini che il regime si proponeva di raggiungere, i risultati furono quasi fallimentari, segnati da gravi limiti funzionali. Le biblioteche rimasero infatti strumenti scarsamente utilizzabili, sia per i loro antichi difetti strutturali, sia per l'incapacità di coloro che furono designati a dirigerne la politica, sia infine per i contrasti fra i diversi gruppi di pressione e di sottogoverno che se ne contesero e divisero il controllo. 43
Pur nel suo piccolo, la realtà correggese nel corso degli anni trenta non mancò di offrire esempi, per un verso, della contraddizione fra presunte preoccupazioni per la crescita culturale dei cittadini e adozione di metodi e strumenti decisamente arcaici o antidemocratici, per l'altro, della divaricazione fra roboanti programmi e pochezza delle concrete realizzazioni. 44
Da una parte, ad esempio, continui richiami (anche da parte della Soprintendenza Bibliografica) alla necessità di rendere il più popolare possibile il servizio di lettura, dall'altro un sistema che di fatto teneva lontano il lettore dal libro (specialmente quello meno acculturato) quando addirittura non lo puniva: vi furono molti casi di lettori espulsi dalla Biblioteca o esclusi dal prestito perché 'colti' a chiacchierare o perché avevano riportato i libri in ritardo o per altri 'reati' di questo tipo.
Il carattere popolare (almeno nelle intenzioni) dell'Istituto correggese venne rimarcato con l'associazione all'Ente Nazionale per le Biblioteche Popolari e Scolastiche, creato nel 1932 col compito di uniformare e standardizzare, per mezzo di direttive nazionali, la biblioteca-tipo di cultura fascista, di media cultura, di amena lettura 'mista'. D'altra parte, di fronte ai vantaggi relativi che offriva tale adesione (l'abbonamento a La Parola e il libro, qualche pacco-libri in omaggio, alcuni sconti su acquisti librari e poco altro), la maggior parte delle biblioteche associate all'E.N.B.P.S. preferì conservare un ruolo autonomo (quindi senza troppi impegni di programmazione comune) e una propria identità: è difficile sfuggire all'impressione che tutto sommato la Civica di Correggio fosse sentita (quantomeno dal bibliotecario) l'erede della Biblioteca Classica piuttosto che della Popolare circolante.45
Nonostante i grandi propositi i finanziamenti restarono sempre tirati all'osso, anzi dopo i primi anni il Comune smise addirittura di stanziare fondi per l'acquisto e la rilegatura dei volumi, operazioni che si poterono continuare a fare solo coi sussidi annuali del Ministero i quali, a loro volta, dalle iniziali 3.500 lire passarono presto alle 800-1.000 lire.
Diminuì anche l'orario settimanale di apertura della Biblioteca che passò a 18 ore nel periodo ottobre-aprile e a 6 ore negli altri mesi.
Significativo è anche il fatto che, non soltanto il bibliotecario solo saltuariamente poté avvalersi dell'ausilio di assistenti, ma egli stesso non divenne mai di ruolo: venne mantenuto come "incaricato speciale", con modesto compenso, da riconfermare di anno in anno.
Nei confronti dei lettori si avevano atteggiamenti differenziati. Ad esempio all'inizio del 1932 venne aperta "una sala di lettura riservata nella Direzione "; per accedervi occorreva il permesso di Finzi che veniva concesso "solo se il lettore potrà dimostrare di svolgere una attività qualsiasi attinente alle arti ed alle scienze ". Da due elenchi risulta che gli ammessi, almeno in un primo momento, erano una quarantina. massime autorità cittadine, professionisti, insegnanti, imprenditori, artigiani e qualche altro. Alla fine dell'anno venne aperta una terza sala, addirittura "riservatissima ". In queste stanze gli utenti potevano anche parlare fra di loro; agli altri, invece, Finzi di tanto in tanto ricordava che era assolutamente vietato parlare e che occorreva "camminare in punta di piedi", poiché "la Biblioteca è un luogo di raccoglimento e tutti devono cercare di far sì che nella sala non si oda brusio o rumore qualsiasi ".
Del resto i dati sull'utenza 46 se testimoniano un progressivo incremento delle consultazioni e dei prestiti, dimostrano altresì un loro attestarsi su livelli modesti, addirittura inferiori a quelli di cinquant'anni prima:
letture in sede letture fuori sede
1930 761 186
1931 232 726
1932 615 1.690
1934 1.853 1.843
Più di ogni altro, tuttavia, l'aspetto maggiormente odioso e assieme 'caratterizzante' della politica culturale del fascismo (con le conseguenti implicazioni sulle biblioteche) fu l'intolleranza perle idee 'diverse' e, quindi, il loro totale controllo che spesso ne determinava l'eliminazione.
Nel caso delle biblioteche, col passare degli anni, la bonifica dei loro fondi librari divenne sempre più radicale e, soprattutto, tempestiva.
Anche in periferia, anche a Correggio, con sempre maggiore frequenza arrivarono le circolari del Ministero dell'educazione nazionale (e più tardi anche del Ministero della cultura popolare) che vietavano la diffusione di questa o quella pubblicazione: dai romanzi 'piccanti' ai gialli di Agatha Christie, dalle traduzioni di certi autori stranieri a qualche saggio controcorrente sfuggito chissà come alla censura preventiva.
Tali provvedimenti erano intercalati dalle circolari prefettizie che invitavano il Podestà a svolgere "la più oculata vigilanza sugli acquisti librari" onde evitare che potessero entrare in Biblioteca anche solo "libri che trattano argomenti sociali di contenuto romantico, a sfondo politico-sociale, ma sostanzialmente antifascista ".
Per gli acquisti, poi, non c'era da sforzarsi molto: provvedevano la Soprintendenza o l'E.N.B.P.S. o lo Stesso Ministero ad inviare i loro elenchi nei quali il bibliotecario con tutta tranquillità poteva scegliere le 'novità' librarie. In queste condizioni il meglio che poteva capitare di acquisire era l'Edizione Nazionale delle opere di D'Annunzio o di Carducci o di Garibaldi o di Spallanzani oppure l'Enciclopedia Italiana o le opere di quegli intellettuali che pur avendo aderito al fascismo mantenevano una propria dignità e (relativa) autonomia culturale.
Ma il pane quotidiano era costituito dalle volgarizzazioni dei classici italiani e latini, dai libri di tecnica agricola o artigianale, dai testi sacri dei capi del fascismo e del nazismo, dai romanzi coloniali e patriottici, dalle addomesticate riscritture della storia italiana, dai saggi di economia corporativa e via di seguito.
Talmente angusti erano gli spazi che questa politica culturale lasciava aperti, da escludere, nella formazione delle giovani generazioni e dei ceti popolari, senza alternativi strumenti d'informazione, tutto quello che di valido si produceva nella letteratura e nella saggistica scientifica o politica [ ... ] Si offrivano al popolo, attraverso le biblioteche, tutti i miti del regime,
si dava alla diffusione del libro il ruolo politico di omologare al potere della dittatura larghi strati di popolazione altrimenti dispersa o non controllabile ". 47
La Biblioteca di Correggio (che nel 1937 ebbe l'onore di una visita di Starace) poteva inoltre contare su un Direttore che, fra i memento cui attenersi nel suo lavoro, aveva principi di questo tipo: "in molti casi scegli tu stesso i volumi per i lettori, prendendo in considerazione la loro età e la loro cultura", "il libro della biblioteca non deve divertire, ma educare", "non permettere ai lettori di scegliere direttamente i volumi dagli scaffali", ecc.
Alla prova dei fatti, quindi, la politica fascista verso le biblioteche non poteva che rivelarsi per quello che era: uno strumento organico alla strategia totalitaria perseguita dal regime, sia pure ammantato di alti quanto retorici e ipocriti proposti.
Il conclamato impegno a diffondere ovunque la cultura (anzi una 'rigenerata' cultura italiana) era inevitabilmente destinato a dissolversi di fronte alla reale natura antidemocratica dello Stato fascista; così come i reiterati propositi di riorganizzazione (anzi del primo radicale e organico intervento pubblico nel settore delle biblioteche) non potevano alla fine non fare i conti con l'incompetenza, la faciloneria, il pressapochismo o l'ottusità e l'arretratezza culturale che non raramente contraddistinsero i 'quadri' posti alla guida delle nuove 'creature' o delle vecchie istituzioni bibliotecarie, tanto a livello nazionale che periferico.
A Correggio l'entrata in vigore delle leggi razziali, nel 1938, si ripercosse non solo sui libri con ulteriori epurazioni (come altrove), ma anche sul bibliotecario. Finzi, infatti, perché "di razza ebraica" venne dispensato dal suo incarico dalla fine di quell'anno 48 e sostituito, dopo la rinuncia di un altro prescelto, col M.o Giovanni Scaltriti. 49
Fu una nomina che in un primo momento non soddisfece troppo le autorità provinciali, tanto che il Prefetto in una lettera al Podestà, nel riconoscere la competenza tecnica e culturale di Finzi 50, esprimeva invece
'perplessità per la scelta di un insegnante elementare di cui nessuno conosce la capacità tecnica in materia bibliotecaria e che non avrebbe titoli specifici [... ] Per ovvie ragioni sarebbe di non lieve nocumento morale e politico il fatto che il successore di Finzi fosse inadeguato al posto di cui si tratta, in quanto è nello spirito dei provvedimenti razziali che la sostituzione dei funzionari eliminati perché israeliti, non debba costituire un peggioramento nei servizi, ma debba invece dimostrare che anche i non semiti hanno la capacità di esercitare, in modo del tutto soddisfacente, "mansioni anteriormente svolte da persone di razza semita ".
Dopo questo sfoggio di intolleranza razziale (peraltro richiesta dalla legge), il Prefetto concludeva che se proprio si voleva tenere Scaltriti si doveva nominare
"una Commissione Direttiva, composta di persone del luogo di sicura preparazione culturale e politica (che non mancano in un importante centro di studi qual è Correggio), alla quale sia affidata la effettiva direzione dell'istituto, in luogo delle funzioni di mera sorveglianza attribuite all'attuale Commissione ". 51
Cosa che il Podestà puntualmente fece nel maggio 1939. A tale commissione spettava vigilare sulla Biblioteca dando le direttive al bibliotecario per il suo funzionamento, determinare gli orari di apertura, curare gli acquisti e altro ancora: tutte funzioni che di fatto finivano con l'espropriare Scaltriti di molte delle sue prerogative di bibliotecario. 52
La guerra, tanto più una guerra totale come il secondo conflitto mondiale, peggiorò alquanto le cose, portando alla crisi dell'Istituto che si spense definitivamente nel corso del 1943, quando il Palazzo dei Principi venne adibito a caserma della Brigata nera e di altre formazioni militari.
Già negli anni precedenti comunque la sua esistenza si era fatta assai precaria, privata come fu di finanziamenti e di qualsiasi attenzione. Ma non di quella di un ignoto lettore che scrisse a Il Solco Fascista, quotidiano provinciale, per proporre di stabilire una specie di canone d'abbonamento per chi intendeva prendere libri in prestito dalla Biblioteca di Correggio, così da racimolare i soldi per nuovi acquisti; proposta che, fra l'altro, avrebbe avuto "il vantaggio di eliminare certa categoria di sfruttatori del libro e di ridurre anche il lavoro del bibliotecario ".
Consoli sapere che la proposta sollevò perplessità persino al redattore de Il Solco Fascista che la commentò brevemente senza manifestare troppo entusiasmo. 53
1 ASCC, acc.
2 Ivi (Seduta del 5 aprile 1921).
3 Cfr. R. Cavandoli, Le origini del fascismo a Reggio Emilia 1919-1923, Roma, Editori Riuniti, 1972, pp. 155, 169 e 170.
4 ASCC, acc (Seduta del 23 dicembre 1920).
5 Ivi (Seduta dell'11 dicembre 1920).
6 Ibidem.
7 Cfr. A. Chiari Biblioteche Popolari a Reggio Emilia dal 1870 al fascismo, op. cit., p. 87.
8 Egli, dopo la guerra, aveva ripreso le sue funzioni di ispettore scolastico e bibliotecario onorario.
9 ASCC, anno 1921/cat. M
10 ASCC, adc (Seduta del 17 settembre 1921).
11 ASCC, anno 1921/cat. IX.
12 ASCC, agm (Seduta del 6 dicembre 1923).
13 Quest'ultimo aveva continuato a svolgere le mansioni di assistente o di facente funzioni di bibliotecario, a seconda che esistesse o no un bibliotecario titolare.
14 ASCC, acc (Seduta del 15 marzo 1924).
15 ASCC, adc (Seduta del 30 maggio 1925).
16 A. Ghidini, il palazzo, le sue raccolte e gli istituti culturali, op. cit., p. 77.
17 ASCC, anno 1925/cat. M
18 Cfr. un 'promemoria sulla natura e sull'entità del lavoro compiuto pel riordinamento della civica Biblioteca' redatto dalla Commissione di vigilanza il 5 dicembre 1927. BCC, amp, b. 174.
19 A. Negri, Relazione del Cav. Avv. Abele Negri Commissario prefettizio del Comune di Correggio letta al ricostituito Consiglio Comunale nella seduta del 10 gennaio 1926, Correggio, Cromotipografica, [1926], p. 18.
20 Cfr. una lettera di Bagnoli al Commissario del 3 dicembre 1925. ASCC, anno 1925/cat. IX. 21 Nel luglio 1925 la Federazione provinciale del P.N.F. aveva decretato lo scioglimento della Sezione di Correggio, considerato il 'contrasto di tendenze' esistente al suo interno che paralizza il normale svolgimento della vita cittadina e rende difficile il legittimo diritto dei cittadini ad eleggersi la propria amministrazione'. Quindi, avendo ritenuto che 'soltanto da
un provvedimento drasticamente severo si può sperare nel ritorno alle direttive del Podestà, al senso di disciplina e soprattutto all'anima fascista', aveva incaricato l'Avv. Negri della 'ricostruzione della disciolta sezione all'uopo munendolo dei più ampi poteri'. Cfr. il comunicato ufficiale pubblicato sul periodico 'La Vedetta (Settimanale politico di Correggio)', 1, 1925, 25, p. l.
22 In particolare egli promosse il restauro della facciata e la sistemazione del lato est, 'ottenendo così che il porticato girasse attorno al magnifico cortile e che fosse data completa esecuzione ai lavori di restauro del bellissimo palazzo'. Sulla destinazione d'uso dell'edificio egli propose una idea alternativa a quella originaria: fame la nuova sede del Municipio che così 'sarebbe severa e principesca secondo lo stile e l'anima Fascista'
23 Cfr. G. Barone- A. Petrucci, op. cit., pp. 77-105.
24 ASCC, acc (Seduta del 10 aprile 1926).
25 Essa era composta dai proff. Pietro Rossi e Domenico Giannarelli nonché dall'ex consigliere comunale socialista Luigi Diacci. Ivi (Seduta del 24 luglio 1926).
26 BCC, amp, b. 174.
27 ASCC, adp (Seduta del 6 marzo 1928).
28 Sulla vita e l'opera di Riccardo Finzi (1899-1979) cfr. 'Bollettino Storico Reggiano', XIII, 1980, 46 (numero monografico in memoria di Riccardo Finzi).
29 BCC, amp, b. 146 (essa contiene diversi appunti e note di Finzi relativi a quel periodo, in particolare si veda una relazione inviata al Podestà in data 4 maggio 1928).
30 Cfr. una Relazione quinquennale 1926-1931 e alcune (rarissime) statistiche mensili sulla Biblioteca curate da Finzi. BCC, amp, b. 174.
31 Ivi.
32 Cfr. G. Lazzari, op. cit., pp. 82-84.
33 BCC, amp, b. 174.
34 Cfr. una relazione inviata da Finzi al Podestà in data 25 ottobre 1929. Ivi.
35 Ivi.
36 ASCC, adp (Seduta del 5 ottobre 1929).
37 ASCC, anno 1930/cat. IX.
38 Non è però escluso che questa volontà di potenziare la Biblioteca sia causa e non conseguenza della soppressione del Museo e dell'utilizzo dei suoi locali. 1 documenti non sono sufficienti a dimostrare, ma neppure ad escludere, una tale scelta di politica culturale.
39 Una indagine statistica. del Ministero dell'educazione nazionale del 1930 dà notizia di 601 biblioteche comunali, 213 del P.N.F., 523 dell'Opera Nazionale Dopolavoro, 145 dell'Opera Nazionale Combattenti, 78 dell'Opera Nazionale Balilla, 738 scolastiche; mentre un articolo apparso due anni prima su 'Accademie e Biblioteche d'Italia' informava dell'esistenza di 850 bibliotechine rurali con una dotazione complessiva di 180.000 volumi. Cfr. G. Lazzari, op. cit., p. 81.
40 Cfr. in particolare un preventivo per la Biblioteca del 20 giugno 1930 (BCC, amp, b. 146), la Relazione quinquennale 1926~1931 e alcune lettere del Soprintendente dell'ottobre 1930. (BCC, amp, b. 174).
41 BCC, amp, b. 146.
42 BCC, amp, b. 174.
43 Cfr. G. Barone- A. Petrucci, op. cit., pp. 77-105.
44 Le considerazioni sulla Biblioteca di Correggio che verranno svolte di seguito trovano giustificazione nell'esame dell'insieme della documentazione conservata in due buste (nn. 146 e 174) dell'Archivio di Memorie Patrie.
45 Sull'E.N.B.P.S. cfr. G. Lazzari, op. cit., pp. 89-101.
46 Va detto che i rarissimi dati statistici sono di parziale utilità (perché riportano il numero dei libri dati in lettura in sede e a domicilio, ma non il numero dei lettori che avevano usufruito del servizio e neppure di coloro che erano ammessi al prestito) e di limitata affidabilità (ho infatti trovato dati sensibilmente diversi in differenti documenti relativi però all'utenza dello stesso anno).
47 G. Lazzari, op. cit. p. 101.
48 ASCC, adp (Seduta del 10 dicembre 1938).
49 Ivi (Seduta del 14 gennaio 1939). Scaltriti prese servizio nel successivo mese di aprile. 50 Finzi, fra l'altro, era stato nominato, nel giugno 1933, 'Regio Ispettore bibliografico onorario per il Comune di Correggio' e, nel dicembre 1934, 'Delegato provinciale dell'Associazione Fascista Bibliolecari'. BCC, amp, b. 174.
51 BCC, ac.
52 ASCC, adp (Seduta dell'8 maggio 1939).
53 Da Correggio. Il problema della nostra Biblioteca Comunale, 1l Solco Fascista', XV, 1942, 289, p. 3.